Obiezione di coscienza, aspetti medico-legali


L’obiezione di coscienza è un atto che si pone come un rifiuto di obbedienza nei confronti di un obbligo imposto dalla legge.

Si tratta di un rifiuto caratterizzato da una particolare condizione psicologica che spinge l’individuo ad assecondare la condotta dettata da un ordinamento interiore piuttosto che da quello giuridico.

Il medico può permettersi il rifiuto di una prestazione professionale, secondo quanto dettato dalla legge, qualora vengano richieste prestazioni che vadano a contrastare con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, a meno che tale comportamento non possa avere come conseguenza gravi ed immediate ripercussioni sulla salute dell’assistito.

La possibilità di sollevare obiezione di coscienza è quindi un diritto di cui possono avvalersi anche le categorie sanitarie coinvolte nelle pratiche di interruzione volontaria di gravidanza, intendendo con questa non solo le procedure strettamente chirurgiche, ma tutte le attività mediche ad essa relative, compresa la somministrazione di farmaci per l’induzione dell’aborto .

Il personale non è tenuto a prendere parte alle procedure e agli interventi per l’interruzione di gravidanza quando, con preventiva dichiarazione, sia stata sollevata obiezione di coscienza; non resta compresa in ogni caso la possibilità di astenersi dall’assistenza in senso lato della donna sia prima che dopo l’intervento di interruzione di gravidanza.

La dichiarazione di obiezione di coscienza deve essere effettuata entro trenta giorni dall’abilitazione o dall’assunzione in uno degli istituti autorizzati alle procedure di interruzione di gravidanza.

Il termine di un mese rappresenta una sorta di intervallo riflessivo nel corso del quale il richiedente obiettore ha il tempo di riflettere sulla scelta definitiva.

La richiesta di obiezione è possibile anche oltre il limite dei trenta giorni; può essere effettuata in qualsiasi momento tenendo presente, però, che in questo caso la dichiarazione avrà effetto dopo un mese dalla presentazione.

Allo stesso modo, ovviamente, è possibile richiederne la revoca, che ha effetto immediato se chi l’ha richiesta prende parte alle procedure per l’interruzione di gravidanza al di fuori dei casi di urgenza.

Non può essere invocata l’obiezione quando ci sono seri pericoli di vita per la paziente.

Per quanto riguarda la stesura da parte di un medico obiettore del documento che attesta lo stato di gravidanza e la volontà di interruzione da parte della donna, esistono due differenti correnti di pensiero.

La prima corrente sostiene che obiezione di coscienza e stesura del documento possano essere compatibili, trattandosi della compilazione di un certificato eseguita in base all’osservanza di una serie di dati che lascia comunque alla donna la libertà dell’ultima decisione.

Inoltre, secondo alcuni, lo svolgimento di tali procedure resterebbe un’azione obbligatoria anche per l’obiettore, considerando la stesura del documento come un atto medico che attesta una gravidanza.

La seconda corrente di pensiero sostiene invece che l’obiettore debba essere esonerato dal rilascio del certificato e del documento per richiedere l’interruzione di gravidanza, in quanto questi possono essere considerati atti di collaborazione al fine di portare a termine una pratica abortiva. ( Xagena_2010 )

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