Insufficienza cardiaca, Candesartan riduce l'infarto miocardico non-fatale e la morte cardiovascolare
Gli Ace-inibitori riducono il rischio di infarto miocardico, ma esistono pochi dati sui spartani, noti anche come bloccanti il recettore dell'angiotensina II.
I Ricercatori del Programma CHARM ( Candesartan in Heart Failure: Assessment of Reduction in Mortality and Morbidity ) hanno valutato l'impatto del Candesartan ( Ratacand ), un sartano, sull'infarto miocardico e su altri eventi coronarici, nei pazienti con insufficienza cardiaca.
Lo studio ha riguardato 7.599 pazienti di età media pari a 66 anni, in classe NYHA II-IV, assegnati in modo casuale ad aggiungere Candesartan a dosi crescenti( dose target: 32mg una volta al giorno ) o placebo, alla terapia tradizionale per l'insufficienza cardiaca.
I pazienti sono stati arruolati tra il marzo 1999 ed il marzo 2001.
Al basale, il 53% ( n = 4.004 ) di questi pazienti presentava un precedente infarto miocardico, il 24% ( n = 1.808 ) aveva un'angina, il 41% ( n = 3.125 ) stava ricevendo un Ace-inibitore, il 55% ( n = 4.203 ) un beta- bloccante, il 42% ( n = 3.153 ) un farmaco ipolipemizzante, il 56% ( n = 4.246 ) aspirina, e l'83% ( n = 6.286 ) un diuretico.
L'endpoint primario composito era rappresentato da morte cardiovascolare o da infarto miocardico non-fatale nei pazienti con insufficienza cardiaca.
Nel corso dei 37.7 mesi di follow-up, l'endpoint primario di morte cardiovascolare o infarto miocardico non-fatale è risultato significativamente ridotto nel gruppo Candesartan ( 20.4% ) rispetto al gruppo placebo ( 22.9% ) ( hazard ratio, HR = 0.87; p = 0.004; NNT = 40. Anche gli infarti miocardici non fatali e l'endpoint secondario di infarto fatale, non-fatale e morte improvvisa, si sono significativamente ridotti con Candesartan rispetto al placebo (rispettivamente: -23%, p=0.03; -14%, p=0.02)
Lo studio ha dimostrato che nei pazienti con insufficienza cardiaca, il Candesartan riduce il rischio di morte cardiovascolare o di infarto miocardico non fatale. ( Xagena )
Fonte: JAMA, 2005