Polidramnios, patologia del feto e dei suoi annessi
Durante lo sviluppo endouterino il feto è circondato dal liquido amniotìco, contenuto nel sacco amniotico, costituito a sua volta da una membrana più interna, l’amnios, e da una più esterna, il corion.
Il liquido amniotico ha un turnover giornaliero, con un ricambio attivo di tutti i suoi componenti a velocità diverse e con meccanismi in parte indipendenti. In epoca gestazionale precoce la sua fonte principale è rappresentata dalla secrezione delle membrane amnio-coriali.
Dalla 10ª settimana in poi il liquido amniotico deriva dall'urina fetale, mentre il principale mezzo di rimozione è legato alla deglutizione da parte del feto. Intorno alla 20ª settimana alla sua costituzione partecipano anche le secrezioni dell'apparato respiratorio fetale.
Il volume del liquido varia in funzione dell'epoca gestazionale; raggiunge il suo massimo intorno alla 30-35ª settimana, per diminuire dopo la 40ª settimana .
La quantificazione del liquido amniotìco è oggi affidata all'indagine ecografica per la sua non-invasività.
Polidramnios
Si parla di polidramnios quando la quantità di liquido amniotico supera i 2000 ml nelle ultime settimane di gravidanza, o quando supera il range di normalità nelle settimane precedenti.
A seconda dell'epoca di insorgenza si distingue un polidramnios acuto quando l'aumento di liquido si manifesta in maniera improvvisa in epoca gestazionale precoce, intorno alla 18-23ª settimana; e un polidramnios cronico quando l'aumento è lento e graduale, in genere tra la fine del 2° e l'inizio del 3° trimestre di gravidanza.
Il polidramnios è il risultato di uno squilibrio fra produzione e riassorbimento del liquido, in genere per un eccesso di produzione. Una poliuria fetale o un ostacolo alla deglutizione sembrano rappresentarne i principali meccanismi.
Il polidramnios si associa con particolare frequenza sia a patologie materne, come una ridotta tolleranza glucidica e/o diabete, sia a patologie fetali, come gemellarità, diabete, disturbi cardio-circolatori, anemia, malformazioni e patologie genetiche o annessiali.
La sintomatologia è essenzialmente materna, ed è correlata alla sovradistensione uterina. Una diagnosi eziologica di polidramnios necessita di un'accurata anamnesi, che escluda resistenza di fattori di rischio materni e/o fetali, e di un accurato controllo ecografico per verificare le condizioni fetali, la gravità del polidramnios e l'entità della diuresi fetale.
Per quanto riguarda il trattamento, scopo della terapia è principalmente quello di ridurre la sintomatologia materna e scongiurare il rischio di un parto pretermine.
Mentre per il polidramnios di lieve entità, la condotta terapeutica è essenzialmente di attesa, nel polidramnios di entità moderata o severa del 2°-3° trimestre si impone un trattamento attivo.
L'obiettivo terapeutico deve essere quello di curare la causa che lo ha determinato; in caso contrario, nell'ipotesi che alla base del polidramnios vi sia un aumento della diuresi fetale e non una riduzione della deglutizione, la terapia medica può avvalersi dell'uso degli inibitori della prostaglandino-sintetasi ( per esempio, Indometacina ).
Questi tarmaci, contrastando l'azione antidiuretica della vasopressina e favorendo il riassorbimento di acqua e Sodio, riducono la diuresi fetale e svolgono un'azione tocolitica utile a ridurre il rischio di parto pretermine.
L'uso di tali tarmaci, però, non è esente da complicanze sia per la madre sia per il feto. Gli effetti collaterali materni più frequenti sono a carico dell'apparato gastro-intestinale, ma sono stati segnalati anche casi di edema polmonare e di insufficienza renale.
Gli inibitori della prostaglandino-sintetasi sono pertanto controindicati nelle gravide con insufficienza renale e patologia gastrica.
Gli effetti collaterali fetali consistono in fenomeni di vasocostrizione encefalica intra-partum.
Recentemente è stata introdotta nella terapia del polidramnios l’amniocentesi terapeutica ( amnioriduzione ) mediante prelievo transaddominale del liquido amniotico.
La tecnica dell'amnioriduzione, però, non è priva di pericoli, specie se ripetuta, poiché può favorire la rottura prematura delle membrane, un distacco di placenta normalmente inserita ed un'infezione endoamniotica. ( Xagena_2010 )
Gyne2010