Malattie rare, un problema di sanità pubblica


Le malattie rare costituiscono un problema di Sanità pubblica per l’impatto numerico sulla popolazione. Secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ( OMS ) rappresentano il 10% delle patologie umane note.
Si stima che il 6-8% della popolazione europea, complessivamente 27- 36 milioni di cittadini, sia affetto da una malattia rara.

L’OMS ha calcolato l’esistenza di circa 6.000 entità nosologiche, ma si tratta probabilmente di una stima riduttiva e, di fatto, l’Unione Europea ( UE ) calcola il loro numero in circa 8.000.
Nel 2012 sono circa 6000 le entità nosologiche codificate da Orphanet, di cui la metà correlabili all’elenco delle malattie rare già previsto dal DM 270/2001.
Se si escludono i tumori rari, che non sono stati inseriti nell’elenco, la maggior parte delle restanti forme sono a bassissima frequenza.

Stime attendibili di prevalenza del complesso dei malati rari riferibili all’elenco di malattie indicato del DM 279/2001 portano a ritenere che ci siano 5 malati rari ogni 1000 residenti, di cui 1 su 10 di nuova comparsa ( incidenti ).
Si può quindi stimare che la prevalenza dei malati rari complessivamente considerati sia dal 50 al 100% superiore a quella stimata per il solo elenco del DM 279/2001, cioè da 7.5 a 10 per 1000 residenti. In base a queste stime in Italia ci sarebbero dai 450.000 ai 600.000 malati rari, di cui solo 300.000 presentano forme comprese nell’attuale elenco allegato al DM 279/2001.

Queste discrepanze tra le stime sono giustificate dal fatto che l’effettiva numerosità delle malattie rare varia in funzione dell’affinamento degli strumenti diagnostici e dell’evoluzione delle classificazioni in uso. In particolare, le analisi genetiche hanno dimostrato l’eterogeneità di molte malattie, per cui condizioni di per sé non-rare, se considerate solo a livello del loro meccanismo molecolare, potrebbero rientrare nel novero della rarità ( ad es. la forma più comune di sordità genetica interessa circa una persona ogni 10.000 ).
I test genetici stanno perciò producendo una parcellizzazione di molte malattie, ricollocando molte di esse, clinicamente non-rare, nella categoria delle malattie rare.
Per queste ragioni, il problema delle malattie rare deve essere valutato facendo anche riferimento anche ai loro aspetti clinici e funzionali.

Molte malattie rare sono complesse, gravi, degenerative, cronicamente invalidanti; circa un terzo di esse riduce le attese di vita a meno di 5 anni, mentre molte altre non incidono significativamente sulla durata della vita, se vengono diagnosticate in tempo e trattate appropriatamente; altre condizioni, infine, permettono di svolgere una vita qualitativamente normale, anche in assenza di trattamento.

Le malattie rare possono colpire le abilità fisiche e/o mentali, le capacità sensoriali e comportamentali. Le disabilità ad esse correlate limitano le opportunità educative, professionali e sociali e, indirettamente, possono essere causa di discriminazione.

Il ritardo nella diagnosi delle malattie rare dipende da vari fattori, tra cui la mancanza di conoscenze adeguate da parte dei medici spesso collegata alla estrema rarità della malattia, la presenza di segni clinici individualmente non-diagnostici, l’assenza o la limitata disponibilità di test diagnostici, la frammentazione degli interventi, l’inadeguatezza dei sistemi sanitari. Ne consegue che molti malati rari non riescono a ottenere un inquadramento della loro patologia nel corso di tutta la loro vita.
Inoltre, l’eziologia di almeno la metà delle malattie rare purtroppo resta ancora sconosciuta.
Questi problemi si riflettono sul ritardo nella presa in carico e spesso le persone affette ricorrono a trattamenti non-appropriati.

La frequente mancanza di terapie eziologiche efficaci non implica l’impossibilità di trattare le persone affette da malattie rare. Infatti sono numerosi i trattamenti sintomatici, di supporto, riabilitativi, educativi, sostitutivi o supplementativi di funzioni, palliativi, ecc. comprese alcune prestazioni attualmente non erogate dal Servizio sanitario nazionale ( SSN ), che possono cambiare notevolmente il decorso clinico e l’attesa di vita, il grado di autonomia e la qualità di vita delle persone affette e dei loro familiari. L’accesso a questi trattamenti già disponibili e i loro aspetti innovativi costituiscono elementi chiave nelle politiche per l’assistenza ai malati rari. ( Xagena )
Fonte: Ministero della Salute, 2016

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