Ritardo della crescita intrauterina, patologia del feto e dei suoi annessi


II ritardo di crescita intrauterino interessa dal 3% al 7% delle gravidanze e definisce la situazione di crescita rallentata del feto.

E’ molto importante riconoscere per tempo questa evenienza, al fine di stabilire una corretta gestione della gravidanza e del parto, in quanto frequentemente responsabile di gravi quadri patologici alla nascita, come basso indice di Apgar, sindrome da distress respiratorio ( RDS ), sindrome da aspirazione di meconio, ipoglicemia, policitemia, persistenza della circolazione fetale, asfissia perinatale, con possibili gravi handicap a distanza.

Con il termine ritardo di crescita intrauterino si identificano feti che presentano un rallentamento o un arresto nella loro crescita.

L’espressione Small for Gestational Age ( SGA ), cioè piccolo per l'epoca gestazionale, usata spesso come sinonimo, identifica in realtà i neonati che, pur non avendo subito rallentamenti nella crescita, presentano un peso inferiore al 10° percentile rispetto ai normogrammi di riferimento per una determinata epoca gestazionale.

Il ritardo di crescita può essere di due tipi:
Un ritardo simmetrico o proporzionato, in cui tutti i parametri auxometrici sono armonicamente ridotti, e un ritardo asimmetrico o non proporzionato, caratterizzato da riduzione del peso corporeo e quindi della circonferenza addominale, ma conservazione della lunghezza e della circonferenza cranica.

Il ritardo di crescita simmetrico si verifica generalmente sin dal primo trimestre di gravidanza ed è riconducibile a cause fetali o placentari ( anomalie genetiche, malformazioni congenite, alterazioni placentari ).

Il ritardo di crescita asimmetrico ha esordio più tardivo ed è secondario a patologie materne o infettive come l’età avanzata, malattie croniche, ipertensione, alcool, fumo, malnutrizione.

E’ noto che la maggior parte della deposizione di grasso fetale avviene dopo la 32a settimana; quindi se una noxa patogena intervenisse all'inizio della gravidanza, il feto andrebbe incontro ad un iposviluppo per riduzione del numero e del volume cellulare, mentre se ciò dovesse accadere più tardivamente, il feto avrebbe un numero normale di cellule, ma di volume ridotto.

I feti piccoli per l'epoca gestazionale hanno una probabilità molto maggiore di andare incontro a morte endouterina e asfissia al momento del parto.

In generale, il basso peso neonatale comporta un significativo aumento della mortalità perinatale, la cui frequenza dipende dalla gravità del quadro complessivo.

Il problema delle conseguenze neurologiche legate ai ritardi di crescita deve essere ancora chiarito, tuttavia è noto che un peso inferiore al 10° percentile è un riconosciuto fattore di rischio per la paralisi cerebrale.

La maggior parte dei ritardi della crescita intrauterina avviene in assenza di riscontri clinici o in concomitanza con ipertensione materna, soprattutto ipertensione gestazionale e pre-eclampsia.

In questi casi, sono state documentate analoghe modificazioni anatomo-patologiche della placenta e del letto placentare che inducono a sospettare una eziopatogenesi comune.

Queste osservazioni hanno portato a pensare che in tali casi il fattore determinante alla base della restrizione della crescita fetale consista in una riduzione dell'apporto di nutrienti e gas secondario ad una insufficiente perfusione utero-placentare.

In condizioni di normalità la diffusa invasione trofoblastica delle arterie materne afferenti alla placenta determina la formazione di un ampio letto vascolare a bassa impedenza, capace di garantire il flusso ematico richiesto dagli scambi materno-fetali.

E’ ragionevole ritenere che una riduzione dell'invasione trofoblastica si traduca in un letto vascolare più ristretto, con minore capacità di perfusione. Il ridotto apporto ematico alle camere intervillose determina probabilmente una crescita limitata dell'albero vascolare villoso.

Per quanto riguarda la diagnosi, esiste la diffusa convinzione che la metodica principale per la diagnosi prenatale dei ritardi della crescita intrauterina sia la biometria ecografica del feto da effettuare nel 3°trimestre di gravidanza.

Il riconoscimento di determinati fattori di rischio può consentire una migliore capacità di diagnosticare tempestivamente i feti affetti da una patologia dell'accrescimento. L'esperienza fino ad ora disponibile suggerisce che i parametri più efficienti nella crescita fetale siano la misurazione della circonferenza addominale e la stima del peso fetale.

Il ritardo di crescita intrauterino è definito lieve quando la sua determinazione biometrica è compresa tra il 3° e il 10° percentile, e severo quando cade sotto il 3° percentile.

Il ritardo di crescita va sospettato quando, già a metà gravidanza, soprattutto in presenza di fattori di rischio, si verifica una riduzione della crescita fetale, evidente a carico della circonferenza addominale.

Quando la misurazione della circonferenza addominale è inferiore al 5° percentile o ha avuto un decremento di almeno 40 percentili rispetto alla biometria ottenuta alla 20a settimana di gestazione, è necessario valutare anche gli aspetti funzionali che si associano a questo rilievo biometrico e che ne confermino l'origine placentare. Essi sono:

valutazione dell'asimmetria di sviluppo;
stima della quantità di liquido amniotico;
determinazione della flussimetria fetale, feto-placentare e uterina.

In caso di sospetto ritardo di crescita intrauterino si consiglia:

riposo a letto;
terapia farmacologica: Dipiridamolo e Aspirina per la prevenzione di patologie trombotiche, iperossigenazione materna, infusione di soluzioni glucosate e aminoacidi;
valutazione del benessere fetale: cardiotocografia e profilo biofisico fetale;
misurazioni dei flussi ematici utero-placentari e fetali;
timing del parto: valutazione della maturità polmonare fetale mediante amniocentesi per la determinazione del rapporto lecitina/sfingomielina.

In caso di ritardo di crescita intrauterino, è raccomandato il parto cesareo. ( Xagena_2010 )

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