Morte endouterina del feto, patologia fetale e della gravidanza


Si parla di morte endouterina del feto per definire la morte del feto dopo la 20ª settimana di gravidanza e prima della sua completa espulsione.

La morte endouterina del feto è associata ad alcuni fattori di rischio rappresentati dall’età materna estrema ( minore di 15 anni e maggiore di 35 anni ), dal fumo di sigaretta, dalla gravidanza gemellare, da una insufficiente assistenza prenatale e da un precedente insuccesso riproduttivo.

Non sempre è possibile risalire all’eziologia della morte uterina ma tra le cause principali si possono annoverare:

Anomalie congenite;
Fenomeni di compressione e/o stiramento del funicolo allorquando questo presenti giri stretti attorno alla testa o al collo fetale, o nodi veri lungo il suo decorso;
Malattie infettive di natura batterica, virale o parassitaria;
Malattie autoimmuni;
Distacco di placenta;
Malattie materne con quadri patologici che si accompagnano ad un'alterazione marcata del metabolismo o ad una insufficienza utero-placentare. Tra queste particolare importanza assume il diabete che rappresenta una delle più importanti cause di morte endouterina del feto.

La complicazione più temibile della morte endouterina del feto è rappresentata dalla coagulazione intravasale disseminata, innescata dal passaggio, prima nel liquido amniotico e poi nella circolazione materna, di materiale trombo-plastinico derivato dai tessuti del feto morto.

La probabilità che si inneschi una coagulazione intravasale disseminata dipende direttamente dal tempo nel quale il feto morto viene trattenuto in utero. È comunque piuttosto raro che si abbia l'innesco di una coagulazione intravasale disseminata prima che siano passate almeno 4 settimane dalla morte del feto; successivamente il rischio della complicazione è del 10-25%.

Dal punto di vista clinico la morte endouterina del feto può essere sospettata quando la paziente percepisce la scomparsa dei segni e dei sintomi associati alla gravidanza o, più spesso, si nota l’assenza dei movimenti fetali precedentemente percepiti.

L’ecografia rappresenta il metodo più immediato per confermare l'assenza di attività cardiaca e di movimenti fetali attivi.

Se l'evento si è verificato da diverso tempo, è inoltre possibile riscontrare dimensioni fetali inferiori alla norma per l'epoca della gravidanza, una notevole riduzione del liquido amniotico e un possibile accavallamento delle ossa craniche.

Una volta che si è verificata una morte endouterina del feto, il travaglio del parto insorge spontaneamente entro 2 o 3 settimane. Se si aggiunge il fatto che è piuttosto improbabile che si possa innescare una coagulazione intravasale disseminata entro 4 settimane dalla morte endouterina del feto, in questi casi viene proposto un atteggiamento di attesa del travaglio spontaneo, tenendo naturalmente sotto controllo l'assetto coagulativo della paziente al fine di evidenziare tempestivamente un inizio di coagulazione intravasale disseminata.

Tuttavia, la recente disponibilità di efficaci presidi farmacologici finalizzati alla maturazione del collo uterino e all'induzione del travaglio e la necessità di far fronte ai comprensibili problemi psicologici legati all'attesa da parte della coppia, rappresentano i fattori alla base dell'attuale tendenza ad un atteggiamento interventista.

La somministrazione vaginale di prostaglandine prima della 28ª settimana consente di ottenere nel 90% dei casi l'espulsione del feto e della placenta, alla quale e opportuno far seguire una revisione strumentale della cavità uterina per la rimozione dei residui placentari.

Dopo la 28ª settimana l'utilizzazione delle PGE2 vaginali è controindicata per il rischio significativo di causare una rottura dell'utero.

Se le condizioni della cervice uterina sono favorevoli, è indicata direttamente la somministrazione endovenosa di ossitocina per l'induzione del travaglio di parto. Se invece il collo dell'utero è impreparato, l'infusione di ossitocina può essere preceduta dall'induzione della sua maturazione mediante l'applicazione intraceivicale di PGE2 sotto forma di gel.

In tutti i casi è opportuno controllare lo stato coagulativo della paziente prima dell'induzione del travaglio, dal momento che gli effetti clinici di una coagulopatia da consumo possono esordire in modo drammatico con una imponente emorragia post-partum. ( Xagena_2010 )

Gyne2010